Qualcuno azzarda si sia trattato di un vero miracolo, altri parlano di un’impresa di grande spessore. Resta la cronaca, nuda e cruda: il cane Thor si era perso lo scorso 22 gennaio, in mezzo alla neve, sul versante della Peña Redonda, regione Babia, nel cuore della Cordigliera Cantabrica. Era sfuggito, improvvisamente, al controllo dei proprietari, per inseguire alcuni camosci. Di lui più nessuna notizia, nonostante le ricerche. Le speranze di ritrovarlo vivo praticamente inesistenti. E invece, Katerín Álvarez e i suoi amici di escursione di quella mattina maledetta, hanno potuto riabbracciare - sedici giorni dopo - increduli e in lacrime, il cane.
Ma riavvolgiamo il nastro e raccontiamo la storia. Katerín, appena smarrito il suo Thor, cominciò a cercarlo ovunque, sulla montagna. Su e giù per ore a scandagliare ogni angolo, ogni cespuglio del vasto versante, senza tralasciare i villaggi circostanti. Niente, nessuna traccia e nessuno, soprattutto, che aveva avvistato, anche solo da lontano, il quattro zampe scomparso. Thor era arrivato in famiglia tramite il papà della giovane che lo aveva adottato da un rifugio. La ragazza e i suoi amici hanno bussato a tutte le porte, chiedendo disperatamente dell’animale, se qualcuno lo avesse notato. Niente.

Le ore, prima, i giorni, poi, passavano inesorabili. Sulla zona, tra l’altro, aveva cominciato a nevicare, le temperature si facevano sempre più rigide e le speranze di riavere il cane si abbassavano continuamente. Infreddolito e impaurito, senza cibo né acqua, per giorni e giorni, in mezzo alla bufera di vento e neve, esposto agli agguati dei lupi, Thor era destinato a morte sicura. Anche la resistenza e il coraggio di Katerìn di non mollare, di proseguire le ricerche senza un minimo segnale che il cane fossa ancora vivo, stavano cominciando a vacillare. Nel frattempo, andava in giro in auto, battendo palmo per palmo i tanti villaggi della zona, fischiando e urlando il nome del cane. Niente. A complicare le ricerche il fatto che l’area verso cui era fuggito risultava particolarmente impervia, praticamente inaccessibile. Sembrava tutto perduto.

Qualche giorno fa, un alpinista galiziano, Enrique Gárate, stava percorrendo Torrestío per raggiungere una cresta della zona quando, all’improvviso, nel silenzio assoluto, rotto alternativamente solo dal rumore dei suoi passi e dai respiri, ha sentito distintamente un ululato, ripetuto e prolungato. Il suo primo pensiero è stato il sospetto che, poco distante, ci fosse un alpinista ferito in compagnia del suo cane. Pochi minuti e, individuato il luogo da cui provenivano guaiti e lamenti, affacciandosi sul pendio ha scorto un cane dal pelo marrone, solo e intrappolato sul ripido crinale. Senza pensarci due volte, l’alpinista ha provato a scendere dalla collina per avvicinarsi ma, sprovvisto dell’attrezzatura indispensabile per un’azione del genere, ha dovuto desistere.

Tornato al villaggio più vicino per rifocillarsi un minimo Enrique ha raccontato agli avventori, addolorato, ciò che gli era appena successo. Nello stesso bar, solo qualche giorno prima, era passata Katerìn a chiedere se qualcuno avesse visto Thor, ricevendo risposte negative. Il destino ha voluto, però, che il cameriere del locale, presente in quel momento, si ricordasse della ragazza e avesse un suo recapito. La telefonata partì subito. La stessa notte, l’alpinista e la ragazza si sono così incontrati all’ostello di El Rebezo, hanno aperto una cartina della zona e hanno cerchiato in rosso il luogo dell’avvistamento. Il circoletto non era molto distante da dove si erano perse, due settimane prima, le tracce di Thor. La spedizione per andare a riprendere il cane era pronta. Katerìn, Enrique, un'amica della ragazza e una sua compagna, insieme a due esperti scalatori, Ivan Domínguez e César Gómez, all’alba del 6 febbraio hanno così lasciato il villaggio per salire la montagna. I gruppi di soccorso alpino e il pronto intervento in quota erano stati avvertiti. Poche ore e il fronte più avanzato avvista il cane e avvisa Katerín e l’amica Ceci. “Thor è vivo”. Poche parole. La giovane proprietaria, travolta dall’emozione, è scoppiata in lacrime. "Non avrei mai immaginato di trovarlo vivo - ha confessato appena il recupero si è materializzato e ha potuto così riabbracciare il suo Thor – ero conv9inta che non ce l’avrebbe fatta a sopravvivere al gelo e ai lupi”.

L’operazione di salvataggio del cane non è stata semplice: i due scalatori si sono calati dalla parete rocciosa sovrastante sino a raggiungere il quattro zampe. Thor è stato quindi imbracato e fatto risalire lungo la corda da arrampicata. “Stava bene – ha aggiunto la proprietaria -soltanto un po’ disidrato ma niente di grave. Appena mi ha visto si è gettato e rotolato nella neve per la contentezza”. Tornati in città, hanno festeggiato tutti insieme bevendo birra. La veterinaria che ha confermato le più che discrete condizioni fisiche dell’animale.