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Il piano sicurezza di Veneto Strade: con 90 milioni si curano 250 ponti

Vernizzi e De Berti: «L’obiettivo della Regione è prevenire. Ma qui da noi non esiste il rischio disastro come a Genova»

Albino Salmaso
2 minuti di lettura

VENEZIA. L’incubo del disastro stile Genova non si aggira come uno spettro sul Veneto, ma per garantire la sicurezza di 249 ponti e viadotti malconci si dovranno investire 90 milioni di euro, 27 dei quali già stanziati dal bilancio della Regione. Il 40% delle strutture censite da Veneto Strade richiede interventi immediati, a partire dal ponte Limoni sull’Adige a Legnago, eroso dalle piene e quindi in cima alla lista delle priorità.

«Ma anche in questo caso non ci sono problemi di tenuta statica e quindi resta aperto al traffico», spiegano i tecnici.

Il mosaico è molto più complesso perché non esiste un analogo censimento sugli 8 mila km di viabilità provinciale. Valga per tutti il caso di Curtarolo, con il ponte sul Brenta sulla statale 47 Valsugana alle porte di Cittadella piegato dai “bisonti della strada”.

I sindaci ne invocano uno di nuovo, ma la Provincia di Padova è uscita da Veneto Strade e quindi il presidente Bui dovrà batter cassa direttamente a Roma.

50 ANNI DI USURA

L’anagrafe urbanistica non lascia spazio a dubbio: dopo 50 anni le strutture in cemento armato si “ossidano” con lo sfarinamento delle travi e il distacco del copriferro sotto le volte bagnate dalla corrente dei fiumi e dalla pioggia. Buona regola è intervenire subito, ai primi segnali di erosione, per allungare di almeno 15-20 anni la tenuta statica e scongiurare disastri.

ALTRI 20 ANNI DI TENUTA

«Ce la faremo con le nostre risorse, ma confidiamo nell’aiuto del governo che con il Pnrr può intervenire nelle situazioni di emergenza: penso che la sicurezza vada messa al primo posto e le proteste dei comitati popolari contro la manutenzione sono del tutto ingiustificate», dice Elisa De Berti, vicepresidente della giunta Zaia.

Silvano Vernizzi, ingegnere e top manager di Veneto Strade, racconta passo dopo passo la strategia della “manutenzione” che ovviamente è strettamente legata ai fondi da investire, drasticamente crollati nell’ultimo decennio, al punto che la Regione ha restituito 700 km di grande viabilità statale all’Anas.

STATE TRANQUILLI

«State tranquilli, nessun ponte e viadotto è a rischio crollo: l’analisi condotta in collaborazione con l’Università di Padova, con il docente emerito di Costruzioni Claudio Modena e il professore ordinario di Costruzioni Carlo Pellegrino, ci consentono di elaborare un catasto con la mappa completa dei 504 ponti e viadotti distribuiti sui 2100 km di viabilità gestiti da Veneto Strade. Entro settembre completeremo il censimento a Belluno, che presenta 307 strutture da mettere in sicurezza».

LE SOGLIE DI RISCHIO

Cosa esce dall’analisi dei dati, classificati in base alle linee guida approvate dal Consiglio superiore dei lavori pubblici nel dicembre 2020? Dopo il disastro di Genova sono state individuate 5 classi di attenzione che escludono qualsiasi pericolo di crollo. Le strutture ispezionate in Veneto sono così classificate: il 39% ha un rischio alto, il 16% medio-alto, il 37% media e l’8% basso, perfettamente a norma, quindi esente nell’immediato da ogni tipo di restauro. Nel censimento emerge la mappa delle opere, collocate ovviamente sui fiumi, lungo l’asse del Garda, l’Adige, il Brenta e la Pedemontana: il dossier è minuzioso, con schede analitiche che diventano la carta d’identità con gli interventi da realizzare in sintonia con le linee guida del ministero dei Lavori pubblici. Tra i suggerimenti indicati per gli 80 ponti in “fascia rossa’’ tra cui quelli di Motta di Livenza e sul Muson dei Sassi a Loreggia, si propone anche la chiusura temporanea al traffico, con una sola corsia transitabile.

GLI OSSERVATI SPECIALI

Soluzione analoga a quella di Anas sul Brenta a Chioggia, che provoca 15 km di coda tutti i giorni in direzione Sant’Anna e Conche di Codevigo. Osservata speciale anche la struttura sul torrente Cordevole a San Tomaso Agordino, con le campate e le travi di cemento armato ossidate al punto da incutere timore.

Il vero nodo è legato alle risorse: se per mettere in sicurezza 250 ponti servono almeno 90 milioni, è presumibile che la cifra raddoppi appena si concluderà il mosaico sui 307 ponti e viadotti del Bellunese.

«Il nostro motto è chiaro: noi facciamo prevenzione invece che curare» spiega la vicepresidente De Berti «La prevenzione è nel nostro Dna e non è un caso che ancora prima del crollo del ponte Morandi la Regione avesse messo in bilancio 27 milioni erogati a Veneto Strade».

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