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La ricerca di Crisanti pubblicata su Nature: «Tamponi rapidi inefficaci». Ma la Regione Veneto minimizza

La prestigiosa rivista accoglie lo studio del professore in polemica con Zaia. E lui incalza: «Spesero milioni sapendo che c’erano evidenze preoccupanti»

Enrico Ferro
2 minuti di lettura

In questa storia dei tamponi rapidi per cui la Regione Veneto ha speso milioni di euro, a un certo punto, sarà chiaro chi ha ragione e chi torto. Andrea Crisanti dice (e dimostra con una ricerca) che non funzionano, mentre il presidente Luca Zaia li difende perché ci ha impostato la strategia sanitaria anti Covid.

Certo, ora bisogna fare la cronaca di questo ulteriore punto a favore per il professore giunto dall’Imperial College di Londra, perché la rivista scientifica Nature Communication ha pubblicato la sua ricerca. I vertici regionali ne hanno più volte smentito l’esistenza, e invece c’era. C’è. Ci hanno lavorato anche 11 professori dell’Università di Padova. La Regione, dal canto suo, sventola un’altra ricerca uscita su Lancet.

Ma partiamo da Crisanti e dal suo studio, la cui pubblicazione da parte della rivista scientifica più prestigiosa al mondo è stata anticipata dall’Espresso. Il professore dell’Università di Padova nell’ottobre 2020 aveva denunciato la scarsa affidabilità dei cosiddetti tamponi rapidi, evidenziando il problema dei falsi negativi: soggetti che venivano dichiarati immuni al virus, in realtà erano infetti e quindi in grado di diffondere il contagio.

Dunque, sempre secondo Crisanti, i tamponi antigenici Abbott, davano una “patente di negatività” non solo falsa, ma anche pericolosa. Allora Crisanti, che già era entrato in rotta di collisione con Zaia, annuncia l’esistenza di questa ricerca scatenando subito la reazione dell’entourage legato al presidente della Regione. Il direttore generale della sanità veneta, Luciano Flor, e il dg dell’Istituto zooprofilattico delle Venezie, Antonia Ricci, le bollarono come “scartoffie con grossolane inesattezze”.

Ma due anni dopo, eccoci qua. «Non solo la scienza approva la mia tesi pubblicandola in una delle riviste più prestigiose al mondo, ma tra qualche giorno l’editore di questa rivista uscirà con un commento» esulta Andrea Crisanti, che nel frattempo si è candidato come parlamentare del Pd al collegio Europa (quello degli italiani all’estero). «Dirà che i tamponi rapidi non erano adatti a fare lo screening, perché non prendevano le varianti».

La ricerca è firmata anche da 11 professori dell’Università di Padova: Claudia Del Vecchio, Giuseppina Brancaccio, Alessandra Brazzale, Enrico Lavezzo, Francesco Onelia, Elisa Franchin, Laura Manuto, Federico Bianca, Vito Cianci, Annamaria Cattelan e Stefano Toppo.

«La Regione Veneto ha speso milioni di euro per tamponi rapidi, ignorando uno studio che diceva che non funzionavano. All’estero questi, nella migliore delle ipotesi, sarebbero tutti a casa», incalza Crisanti. Ma la Regione minimizza e, anzi, evidenzia come la rivista Nature Communication sia diversa dalla più blasonata Nature. Dalla loro poi hanno sempre lo studio di Lancet che invece certifica l’utilità dei tamponi rapidi.

Ma per chiudere in cerchio in questa storia di sanità, politica e potere, non si può non ricordare che c’è anche un binario giudiziario. La Procura di Padova, infatti, ha rinviato a giudizio il microbiologo Roberto Rigoli e l’ex dg di Azienda Zero Patrizia Simionato. Secondo la Procura il dottor Rigoli avrebbe dato il placet all’acquisto di 500 mila tamponi rapidi dichiarando il falso. Simionato, invece, avrebbe firmato la delibera di acquisto dei prodotti Abbott senza gara d’appalto. L’indagine è nata sulla base di un esposto dello stesso Crisanti.

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