In evidenza
Sezioni
Magazine
Annunci
Quotidiani GNN
Comuni

Il Cadore lo ricorda a passeggio nei boschi: «Le Dolomiti sono un bel giardino di Dio»

È ancora vivo il ricordo del soggiorno a Lorenzago nel 2007. Il suo pensiero ricorrente era riferito alle troppe guerre «inutili stragi». Partì da lui la beatificazione di Giovanni Paolo I

Francesco Dal mas
Aggiornato alle 2 minuti di lettura

Il Papa della dolcezza. A Lorenzago di Cadore lo ricordano ancora mentre passeggia, fragile, lungo il sentiero del parco dei sogni.

A Lozzo conservano invece la memoria di una figura bianca, non annunciata, che s’inoltra a piedi, con pochi accompagnatori, verso il minuscolo santuario mariano. E poi eccolo, in riva al lago di Domegge, mentre recita il rosario fino al più vicino capitello.

Quando incrociava dei villeggianti sorrideva e chiedeva scusa per il disturbo. Ai giornalisti ingombranti che lo aspettavano all’incrocio di qualche itinerario, era sempre lui a scusarsi per il trambusto che la sua presenza comportava.

Era il mese di luglio del 2007, due anni dopo l’elezione al soglio pontificio. Papa Ratzinger era considerato un conservatore, per nulla aperto alle istanze di quella parte della chiesa che lamentava poca innovazione da parte del predecessore Giovanni Paolo II. Ma la sensazione di chi lo ha avvicinato ai piedi del monte Cridola o di chi l’aveva seguito, tre anni prima, durante la sua visita a Belluno, nell’ottobre 2004, è del tutto diversa.

Un uomo di una sensibilità unica, di una cortesia altrettanto sorprendente, attento all’ascolto, parco nella parola, tanto più nel giudizio, ovviamente fermo nelle sue idee. Ratzinger era innamorato delle Dolomiti, ospite spesso del seminario di Bressanone e dei convegni culturali di Brunico. In queste circostanze aveva conosciuto anche il patriarca di Venezia, Albino Luciani, che era solito villeggiare al santuario di Pietralba.

Senza tanto riguardo per la formalità canonistica della causa di beatificazione, introdotta da pochi mesi in diocesi di Belluno per Luciani, Ratzinger in quell’occasione, al cronista del Corriere delle Alpi che gli chiedeva che cosa pensasse di quella iniziativa, candidamente rispose: «Io, papa Luciani, lo prego già come un santo, ogni giorno».

Nonostante ciò, la causa procedette per altri 18 anni. Vi ha portato una precisa testimonianza lo stesso Ratzinger.

Le due settimane trascorse da Benedetto XVI nella dependance del castello Mirabello, a Lorenzago, hanno testimoniato di quale tempra sociale, culturale, non solo religiosa è stato questo papa, considerato l’icona del conservatorismo. Il 24 luglio 2007 si è sottoposto, nella chiesa di Santa Giustina martire, ad Auronzo, alle domande, anche le più impertinenti, da parte dei sacerdoti delle diocesi di Treviso e Belluno-Feltre. Il sacerdote non è un burocrate del sacro, al contrario, disse in quella circostanza, è pastore, il ministro di una chiesa che è sempre stata contrastata dai poteri, chiamato ad essere vicino ai suoi fedeli testimoniando la parola su cui si fonda la fede, che non è un pacchetto di dogmi complicatissimi, ma una cosa semplice. Nell’occasione Ratzinger ha affrontato anche il problema dei divorziati risposati.

«Le coppie in crisi vanno accompagnate e facendo salva la necessità di verificare se il matrimonio sacramentale c’era o no, i cristiani devono comportarsi in modo che ci si possa sentire amati da Cristo e membri della Chiesa anche in situazioni di difficoltà».

Allora Benedetto non si limitò ad incontrare i preti, ma all’esterno della chiesa si rivolse anche a ben 3000 presenti che lo festeggiavano. Per lui le Dolomiti erano «un bel giardino di Dio, un vero paradiso».

Pregnante la sua riconoscenza ai bellunesi affinché fossero coltivate e custodite. Le guerre, anche allora, erano il suo pensiero incombente.

«Il peccato purtroppo rovina sempre questo progetto divino, generando divisioni e facendo entrare nel mondo la morte. Avviene così che gli uomini cedono alle tentazioni del maligno e si fanno guerra gli uni gli altri. La conseguenza è che, in questo stupendo giardino, che è il mondo, e che è questo territorio – così si rivolse ai Cadorini presenti in piazza a Lorenzago – si aprono spesso anche spazi di inferno».

E poi una raccomandazione ancora attuale: «in mezzo a questa bellezza non vanno dimenticate le situazioni in cui si trovano, a volte, dei nostri fratelli e delle nostre sorelle».

E proprio da Lorenzago, alzando lo sguardo verso le creste dolomitiche, teatro della Grande guerra (davanti a sé aveva la cima del Tudaio con i forti militari), papa Benedetto rilanciò il monito di papa Benedetto XV: «Basta con l’inutile strage. Questa sua espressione si è incisa nella storia. Essa si giustificava nella situazione concreta di quell’estate 1917, specialmente su questo fronte veneto. Ma quelle parole, “inutile strage”, contengono anche un valor più ampio, profetico, e si possono applicare a tanti altri conflitti che hanno stroncato troppe vite umane

2

Articoli rimanenti

Accesso illimitato a tutti i contenuti del sito

1€ al mese per 3 mesi

Attiva Ora

Sblocca l’accesso illimitato a tutti i contenuti del sito

I commenti dei lettori