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Irlanda, l’etichetta anti-vino ora è legge. Il Veneto insorge, governo all’attacco

Sulle bottiglie frasi come “bere alcol causa malattie al fegato”. Coldiretti: «A rischio 7,9 miliardi di esportazioni»

Laura Berlinghieri
2 minuti di lettura
Dublino va avanti sull'etichetta nazionale sui rischi sanitari 

L’alcol «nuoce gravemente alla salute». Lo si leggerà sulle etichette dei vini e di tutti gli altri prodotti alcolici venduti in Irlanda, primo Paese dell’Unione Europea ad avere annunciato la novità. Una mossa che mette in allarme i produttori veneti di vino, una delle eccellenze enogastronomiche della nostra regione. E che spinge il presidente Luca Zaia a condannare «il colpevole silenzio dell’Unione Europea», valutando la scelta fatta da Dublino come «un rischio incombente sulla nostra filiera vitivinicola».

Sì, perché la decisione dell’Irlanda – lo ricordiamo, patria della Guinness – potrebbe essere mutuata anche da altri Paesi dell’Unione Europea, Italia compresa. Perché quello che Zaia chiama «il silenzio dell’Ue» in realtà è tutt’altro. È un vero e proprio «via libera», che Bruxelles ha dato nel gennaio scorso alla richiesta proveniente dall’Irlanda, appunto. Un “via libera” arrivato nonostante il parere contrario espresso da 13 Paesi, tra i quali Italia, Francia e Spagna, non a caso i principali produttori di vino in Europa, e Stati Uniti, i maggiori consumatori al mondo. E arrivato nonostante i tantissimi reclami ufficiali presentati la settimana scorsa dalle principali associazioni di categoria di tutta Europa.

Complice l’Ue, Dublino non ha ascoltato nessuno. E adesso non solo la decisione potrebbe essere mutuata da altri Paesi. Ma potrebbe essere la stessa Unione Europea a voler allargare il raggio dell’iniziativa, visto l’impegno della Commissione, che già nel suo “Piano contro il cancro” (“Beating cancer”) aveva anticipato l’intenzione di introdurre degli ulteriori avvisi sanitari relativi alla consumazione di bevande alcoliche.

«Sono lieto che il nostro sia il primo Paese al mondo a introdurre un'etichettatura sanitaria completa dei prodotti alcolici» ha detto il ministro della Salute irlandese Stephen Donnelly, «Non vedo l'ora che altri Paesi seguano il nostro esempio».

Intanto, Zaia pensa ai vini veneti e si imbizzarrisce: «Questo è un attacco a un simbolo della nostra tradizione e identità, relegato da questo provvedimento a semplice “bevanda”, in barba a ogni logica, studio, approfondimento culturale o scientifico» tuona, «Purtroppo c'è un'Europa che, ancora una volta, assiste inerme alla messa in pericolo dei propri prodotti più rappresentativi e affermati sui mercati, simbolo di una produzione che non esito a definire monumentale e identitaria, oltre che caratterizzata da un consumo tradizionale da millenni».

Gli alcolici continueranno a essere venduti esattamente come prima. Soltanto, sulle loro etichette appariranno degli “alert” molto simili a quelli che già campeggiano sui pacchetti di sigarette. Verranno indicati contenuto calorico e grammi di alcol presenti nel prodotto, insieme alle avvertenze sul rischio di consumare alcolici in gravidanza, sul pericolo di sviluppare malattie del fegato e tumori.

Non ci sta il presidente del Veneto, che prosegue, come un fiume in piena: «Come i monumenti più preziosi, anche il nostro vino deve essere difeso da quello che appare davvero uno sfregio. Assimilare il consumo del vino, nella grandissima maggioranza dei casi responsabile ed estremamente limitato, a un mero rischio per la salute svela ancora più dell'incomprensibile ambiguità di chi approva simili norme la passività di un'Europa che nella difesa e nella tutela delle sue produzioni più tipiche rinuncia ad essere efficace».

Ma la decisione presa da Dublino non ha fatto infuriare il solo Zaia. Nella schiera dei “contrari” si conta il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, che assicura: «Lavoreremo insieme al collega Tajani per capire come agire per contrastare la scelta dell'Irlanda». Dal canto suo, Tajani, chiamato in causa, sostiene che «l’etichetta irlandese sul vino danneggia la concorrenza». Mentre il ministro del Made in Italy Adolfo Urso parla di una decisione presa a partire da «false informazioni». Infine, eurodeputata fino alle ultime Politiche, la senatrice leghista Mara Bizzotto parla di un «pericolosissimo attacco al settore vitivinicolo italiano». Ma non c’è solo la politica. Interviene anche Coldiretti, che parla di un «precedente pericoloso che mette a rischio il record nelle esportazioni di vino “made in Italy”: 7,9 miliardi realizzati nel 2022». E confida in un ripensamento, in occasione del World Trade Organization, in programma il 21 giugno, quando «verranno presentate ufficialmente le obiezioni già anticipate da diversi Paesi». Ulteriore passaggio per una norma che, va detto, dovrebbe diventare operativa soltanto nel 2026.

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