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Il film "Denti da squalo"

 

Cinema al 100 per cento, ecco le recensioni dei film in sala dall’8 giugno

“Denti da squalo” è l’opera prima di Davide Gentile, tra favola e racconto di formazione. Lo spagnolo Albert Rodriguez firma “Prigione 77” sulle rivolte carcerarie nella Spagna post franchista

Marco Contino e Michele Gottardi
Aggiornato alle 2 minuti di lettura

DENTI DA SQUALO | PRIGIONE 77

DENTI DA SQUALO

Il film "Denti da squalo"

 

Regia: Davide Gentile

Cast: Tiziano Menichelli, Stefano Rossi Giordani, Virginia Raffaele, Edoardo Pesce, Claudio Santamaria

Durata: 104’

Walter (Tiziano Menichelli), 13 anni, ha da poco perso il padre. Il trauma lo ha allontanato dalla madre (Virginia Raffaele in un inedito ruolo drammatico) con cui non riesce più a parlare.

Tutte le mattine Walter inforca la bicicletta per raggiungere la villa abbandonata di un boss del litorale romano (Edoardo Pesce): qui incontra Carlo, poco più grande di lui, che lo introduce alla gang criminale di Tecno ma, soprattutto, fa una scoperta sorprendente. Nella piscina della tenuta vive uno squalo con il quale Walter sembra instaurare un’intima connessione…

“Denti da squalo”, esordio alla regia di Davide Gentile, ha l’incedere della favola e del racconto di formazione, sospesi tra il realismo della criminalità di borgata e uno sguardo più visionario (la coscienza di Walter è rappresentata dal fantasma del padre interpretato da Claudio Santamaria). Ed è in questa dimensione più onirica e simbolica (di cui lo squalo è, evidentemente, la proiezione più scoperta) che il film trova la propria spinta, senza la quale si impantanerebbe nella trita rappresentazione della paranza di bambini in balia di una provincia senza regole e senza adulti.

Nonostante alcuni dialoghi “troppo scritti” e alcuni personaggi eccessivamente virati sulla macchietta, “Denti da squalo” ha nel suo giovane protagonista il punto di forza: fragile e presuntuoso, spaesato e ribelle, Walter lotta, come il predatore del titolo, per uscire dalla cattività di un destino già segnato. (Marco Contino)

Voto: 6,5

***

PRIGIONE 77

Il film "Prigione 77"

 

Regia: Alberto Rodríguez

Cast: Miguel Herrán, Javier Gutiérrez, Jesús Carroza, Catalina Sopelana

Durata: 125’

Il film è ambientato nella Spagna del dopo Franco: è il febbraio del 1976, il caudillo è morto da pochi mesi, il Paese sta tornando alla democrazia, ma il regime carcerario è immutato. È nella prigione di La Model, a Barcellona, un tempo all’avanguardia, che arriva Manuel (Miguel Herrán), un contabile accusato di malversazione, condannato a vent'anni di carcere per aver intascato una cifra oggi insignificante.

Insieme al suo compagno Pino (Javier Gutiérrez), il giovane viene coinvolto in un movimento comune a tutte le prigioni, che combatte per la libertà, quello del Copel (Coordinadora de Presos en Lucha). Quest'unione avrà un forte impatto non solo sul diritto penitenziario, ma sull'intera società.

All'interno vi sono persone incarcerate a causa del loro orientamento sessuale, del loro credo politico, del loro status economico o professionale. Scontano tutti pene esagerate e vivono in condizioni al limite dell'umanità e privati di ogni diritto in quella che è definita come una "prigione modello", molto sovraffollata.

All'esterno le strade e le piazze sono piene di gente che celebra la democrazia dopo un quarantennio di dittatura, ma il sistema legale è ancora completamente corrotto.

Alberto Rodriguez è uno specialista nel ricostruire momenti recenti della storia spagnola: spesso supportato dallo sceneggiatore Rafael Cobos, Rodriguez utilizza piccoli e grandi racconti di genere, come quello che stiamo analizzando.

Un “prison movie” che molto deve ai modelli dei film di evasione americani, ma che porta nel chiuso del carcere le tensioni di una società in evoluzione, che era quella della Spagna post-franchista, anche se utilizza un tono a tratti populista nel descrivere la popolazione carceraria, fatta di minoranze sessuali (gli omosessuali), etniche (zingari e immigrati), politiche (dissidenti). Ma Rodriguez mantiene un ritmo alto e ben calibrato e fa del film la metafora di un decennio. (Michele Gottardi)

Voto: 6,5

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