
Di questa assai vecchia ma ancora efficiente catena, il primo anello muove tutto il resto ed è evidente che più test vengono eseguiti e maggiore è la probabilità che, isolato il caso, il focolaio locale possa essere controllato. Al limite, testare tutti e più volte nelle aree a maggior pericolo di diffusione del virus, una pratica che chiamerei test universale ragionato, sarebbe logico e utile. Lo ha sostenuto fin dall’inizio o quasi della pandemia l’epidemiologo J.Peto sul British Medical Journal. Nel nostro piccolo, ne abbiamo avuto un antesignano con l’ormai famoso esperimento di Vò fatto da Andrea Crisanti e la sua équipe veneto-londinese, come evidenziano sia Nature che Science, e con minore ma ugualmente solida evidenza, nella prima, terribile fase della nostra epidemia, in cui si è visto quanto abbia contato il diverso numero dei tamponi effettuati dalle due Regioni nella rimarchevole differenza di contagiati e morti fra Veneto e Lombardia. Ma è sostenibile o puramente utopica una proposta del genere?
Chiaramente non lo è con gli attuali saggi con il tampone naso faringeo e l’amplificazione dell’RNA virale tramite PCR perché laboratori, operatori e reagenti non sarebbero sufficienti, la risposta comunque tardiva e il costo elevato. Ma potrebbe esserlo con un nuovo saggio cosiddetto user friendly, cioè semplice, rapido e poco costoso. Su questo, fortuna e ingegno di vari ricercatori ci stanno venendo in soccorso e alcuni saggi diagnostici che si avvicinano a questo standard ideale sono già approvati e usati negli Stati Uniti, altri sono in arrivo. Ma come sono fatti questi saggi?
Il primo punto è l’uso della saliva piuttosto che l’essudato naso-faringeo: la saliva può essere raccolta facilmente dallo stesso soggetto, senza l’intervento di un operatore sanitario, basta un piccolo sputo in una provettina di raccolta preparata in laboratorio. Se sei infetto, di virus ce n’è e coi suoi droplet infatti ci contagiamo. Secondo, essenziale punto, è la modifica del saggio in modo che la risposta sia più veloce (a minuti) e facile da leggere, che si tratti di RNA o di proteine virali, che è dimostrato sono ben presenti nella saliva. Ricercatori della Yale University descrivono in un pre-print su MedRxiv pubblicato qualche settimana fa un test di buona sensibilità e facile lettura ad un costo di poco più di un dollaro, rispetto a circa 100 del test del tampone classico. In questo contesto, i saggi ideali sarebbero quelli che rivelano la presenza di proteine virali perché si tratta di tecnologia semplice, poco costosa e largamente in uso sia in infettivologia (diagnosi di HIV, come esempio) che per altre patologie o situazioni fisiologiche. Questi saggi proteici devono ancora essere vagliati e validati ma possiamo aspettarci, e augurarci, che lo siano nelle prossime settimane se non giorni.
Insomma, un saggio tipo test di gravidanza che costi meno di un euro e dia risposta allo stesso soggetto in una decina di minuti, quando arriverà, potrà consentire un vero mass testing universale da applicare nelle situazioni epidemiologiche critiche. Come spesso accaduto nella medicina moderna, gli avanzamenti diagnostici precedono di gran lunga quelli terapeutici o preventivi. Sembra valere anche per Covid-19. A conferma di quanto sopra, è di qualche minuto fa la notizia, su Science News, dell’approvazione di un saggio di proteine di Sars-CoV-2, approvato da FDA, che consente la diagnosi di infezione in 15 minuti con specificità e sensibilità molto vicine a quello del classico tampone e un costo di 5 dollari.
°American Academy of Microbiology