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Tumore al seno, scoperta una proteina che aumenta il rischio di metastasi

(Crediti: BC Y da Pixabay)
(Crediti: BC Y da Pixabay) 
Ricercatori italiani hanno osservato che alti livelli di CDK12, presenti in più di una paziente su 5, rende il tumore sensibile a farmaci anti-metabolici già disponibili
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Costringere le cellule tumorali a morire di fame, alternandone il metabolismo. Una strategia non nuova - e che non aveva dato finora grandi risultati - ma che potrebbe rivelarsi invece molto utile in una paziente su 5 con tumore al seno. La scoperta è italiana, fatta dai ricercatori dell’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) grazie al sostegno di Fondazione Airc, e la strategia di cui si parla è basata su farmaci chiamati anti-metabolici, come il metotrexato.

I ricercatori guidati da Salvatore Pece, ordinario di Patologia generale all'Università Statale di Milano e Direttore del Laboratorio Tumori Ormono-Dipendenti e Patobiologia delle Cellule Staminali dello IEO, hanno individuato un nuovo meccanismo all’origine della progressione verso la malattia metastatica e della crescita incontrollata del tumore, che chiama in causa la proteina CDK12. Se espressa in maniera esagerata – come avviene in oltre il 20% di tutti i tumori mammari – provoca una cascata di eventi che rendono il tumore aggressivo e resistente alle chemioterapie convenzionali. Se da un lato la presenza di CDK12 a livelli elevati costituisce la forza motrice della malattia, dall’altro diventa un biomarcatore che ne svela un punto debole.
 

Il marcatore tumorale che mancava

“È noto da circa un secolo che le cellule tumorali presentano un metabolismo differente da quelle sane”, spiega Pece: “L’utilizzo di farmaci anti-metabolici è stato tra le prime strategie messe in campo per combattere il cancro, in particolare il cancro della mammella. Tuttavia l’entusiasmo per questi farmaci da parte degli oncologi è progressivamente diminuito per la mancanza di marcatori per identificare in modo preciso le pazienti in grado di beneficiare selettivamente ed efficacemente di queste terapie. Nei nostri studi abbiamo integrato i dati, ottenuti in esperimenti con animali di laboratorio con le analisi retrospettive di diverse coorti cliniche di pazienti. I risultati risolvono il problema poiché indicano chiaramente che elevati livelli di CDK12 costituiscono un biomarcatore utilizzabile per selezionare le pazienti da trattare con terapia anti-metabolica utilizzando un farmaco, il metotrexato, già disponibile nella clinica per la cura del tumore mammario”.

Come agiscono i farmaci

Come agiscono questi farmaci? Impediscono alle cellule con elevata espressione di CDK12 di “utilizzare in modo esagerato il glucosio per alimentare la via metabolica del ciclo del folato. Questa, a sua volta, sostiene la replicazione cellulare e la diffusione metastatica”, come spiega Maria Grazia Filippone, ricercatrice sostenuta dalla Fondazione Umberto Veronesi. Questo studio - pubblicato su Nature Communications - segna uno di quei momenti in cui è possibile passare dalla ricerca di base all’applicazione clinica. Ora saranno avviati degli studi nelle pazienti metastatiche con elevati livelli di CDK12 e in cui la chemioterapia non è risultata efficace. “Se i risultati confermeranno questi dati - conclude Paolo Veronesi, Direttore del Programma di Senologia dello IEO - sarà possibile fornire a tali pazienti una prospettiva terapeutica concreta”.