
Con le cuffie ben calate in testa ed il volume sotto controllo si può ridurre la pressione arteriosa, rallentare i battiti cardiaci ed aiutare a combattere lo stress della malattia in chi soffre di cuore. A rilevare questa azione terapeutica delle sette note è una ricerca condotta dall’equipe di Vitor Engrácia Valenti, dell’Università Statale di San Paolo del Brasile, apparsa su Scientific Reports. Lo studio ha preso in esame 37 persone in trattamento con farmaci antipertensivi da almeno sei mesi e da non più di un anno. Prima i soggetti hanno assunto il loro normale trattamento, poi hanno ascoltato musica strumentale per un’ora, passando attraverso diverse canzoni come “Someone like you” di Adele o “Amazing Grace”. Il giorno successivo, stessa trafila ma per 60 minuti le cuffie non hanno inviato alcun segnale. Dopo l’assunzione del farmaco, sia nel primo caso che nel secondo, sono stati misurati a distanza di 20, 40 e 60 minuti i battiti cardiaci. Risultato? Oltre a rilevare che l’accompagnamento musicale ha indotto una maggior riduzione della pressione arteriosa, gli studiosi sudamericani hanno anche osservato un rallentamento della frequenza cardiaca, con conseguente miglior efficienza del cuore nello spingere il sangue verso l’organismo.
Spiegare questi risultati non è semplice. “Abbiamo osservato che la musica classica può attivare il sistema nervoso parasimpatico e ridurre, al contrario, l’attività del sistema nervoso simpatico" – spiegano gli autori dello studio. D’altro canto il sistema nervoso simpatico viene tipicamente coinvolto nelle reazioni di stress e tende ad aumentare sia la pressione arteriosa che la frequenza cardiaca. Quello parasimpatico, invece, ha un’azione opposta. Come se non bastasse, potrebbe esserci anche un effetto della musica sull’apparato digerente, con stimolo dell’attività di stomaco e intestino: questo meccanismo porterebbe ad un più rapido assorbimento dei principi attivi dei farmaci per abbassare la pressione e quindi ad un più rapido calo dei valori pressori.
Quale musica per aiutare il cuore?
Ad ognuno il suo, verrebbe da dire. Per ogni persona ci vuole la musica giusta, come una cura su misura. Un esempio? In termini assoluti “Om Mani Padme Om” è molto indicato. Il mantra dei monaci tibetani non aiuta solo l’anima, ma anche il corpo, perché contribuisce a rendere più regolare il battito del cuore e a rallentare la respirazione. A migliorare le condizioni di due tra gli organi più importanti del corpo, in ogni caso, è la ripetitività della litania che diventa una sorta di melodia, così anche un più semplice rosario in latino può avere un effetto del tutto simile. Lo conferma una ricerca condotta qualche tempo fa da Luciano Bernardi del Dipartimento di Medicina Interna dell’Università di Pavia e apparsa sul British Medical Journal, che ancora una volta conferma come il ritmo, e più in generale la musica, siano due elementi fondamentali per il benessere. Già in precedenza la stessa equipe di ricercatori aveva pubblicato sulla rivista Circulation uno studio che aveva ineffabilmente dimostrato come cuore e polmoni tendano a sincronizzare la loro attività con le note del pentagramma, tanto che l’ascolto di brani musicali “dolci”, rallentando il battito cardiaco e contribuendo ad abbassare la pressione, potrebbe divenire un utile supporto per la riabilitazione delle persone che hanno subito un infarto o un ictus.Nella loro sperimentazione gli studiosi hanno dato spazio alla classica e alla lirica, alternando la nona Sinfonia di Beethoven con un'aria della Turandot di Puccini, una cantata di Bach con il “Va Pensiero” dal Nabucco o il “Libiam nei lieti calici” dalla Traviata di Verdi. Ma non è detto che anche per il rock, magari non proprio duro, non ci sia spazio: infatti l’effetto della musica non appare legato esclusivamente alla dolcezza della melodia o al tono di voce di baritoni e tenori, quando piuttosto alla “struttura” del brano che si ascolta. Pur se ricco di crescendo e decrescendo, il pezzo può infatti avere un’influenza costante e dinamica sul sistema cardiovascolare e respiratorio. Se ne deduce che il battito cardiaco e il respiro si sincronizzano con la musica, indipendentemente dalle conoscenze e dalle preferenze musicali dei soggetti, addirittura anche in assenza di emozioni provocate dall’ascolto, quasi come se il corpo fosse “sganciato” dalla sfera emotiva perché avvolto dalle note. (F.M.)