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Un Avatar ci rivelerà che cosa succede al nostro cuore se ha un infarto

Un Avatar ci rivelerà che cosa succede al nostro cuore se ha un infarto
Una ricerca mostra cosa accade nel tessuto cardiaco in caso di ischemia. E rivela come le cellule riescono a "parlarsi" tra loro per preservare il cuore sottoposto a mancanza d'ossigeno. Così la scienza prova a percorrere nuove strade per la cura dell'infarto
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A prima vista, è quasi un sogno. Pensate se, per ogni persona, fosse disponibile una sorta di "organo di riserva" che ben prima dello sviluppo di lesioni permetta di disegnare quanto potrebbe avvenire in caso di malattia della struttura nativa. Ebbene, per l'infarto qualcosa del genere ora esiste. È un chip intelligente che può in qualche modo riprodurre ciò che accade al cuore quando un'area viene colpita da ischemia seria e quanto la carenza di ossigeno può influire sul tessuto restante.

In pratica, questa struttura è una specie di laboratorio personalizzato che potrebbe consentire di sviluppare nuovi trattamenti per l'attacco di cuore e addirittura consentire di personalizzare le cure, nel momento in cui ogni persona avesse a disposizione il suo chip personale. A proporre questa soluzione, presentata su Science Advances, sono gli studiosi del Dipartimento di Ingegneria Biomedica Alfred E. Mann dell'Università della California del Sud guidati da Megan McCain e Megan Rexius-Hall.

Una piattaforma di piccole dimensioni

Il prototipo di tessuto cardiaco messo a punto parte da un dispositivo quadrato, di poco più di 2 centimetri per lato. È realizzato con un polimero simile alla gomma che serve da impalcatura ed ha al fianco due piccoli canali entro cui possono scorrere i gas come l'ossigeno, che peraltro può correre all'interno del tessuto. Sulla parte superiore di questo chip ci sono poi proteine, sulle quali vengono applicate cellule cardiache. Nella sperimentazione sono state impiegate cellule di roditori. A quel punto, per vedere cosa accade nelle cellule che vanno incontro ad ischemia e a quelle che invece ricevono ossigeno, per capire come poter limitare i danni dell'infarto, gli studiosi hanno inviato gas con ossigeno su un lato del chip e privo di ossigeno sull'altro. In pratica, così facendo, sono riusciti a riprodurre cosa avviene in caso di ischemia prolungata con morte cellulare.

Possibile svelare i segreti del cuore

Stando a quanto si ipotizza con questo primo studio, vista la semplicità dell'esperimento che si realizza, con questa strategia si potrebbero anche valutare le modificazioni che un'aritmia o una disfunzione della contrazione del ventricolo possono indurre sul cuore. Va detto comunque che per il momento l'attenzione si concentra esclusivamente sui miocardiociti, ovvero le cellule del tessuto muscolare cardiaco, mentre non ci sono ancora dati su altre cellule che possono influire sulla formazione della cicatrice dopo l'ischemia e la reazione immunitaria.

Il vantaggio di questa tecnologia è che si possono esporre le cellule cardiache a diversi gradienti di ischemia, potendo quindi valutare sperimentalmente sia ciò che avviene nell'area centrale dell'infarto sia nei tessuti periferici e in quelli sani che sopravvivono all'ischemia. In questo modo si può capire davvero come il cuore si modifica in seguito alla lesione.

A caccia di organoidi

"Da alcuni anni - così commenta lo studio Giulio Pompilio, Direttore Scientifico del Centro Cardiologico Monzino - la ricerca sperimentale si è orientata alla messa a punto di tecnologie capaci di riprodurre in laboratorio, mediante i cosiddetti organoidi, patologie congenite o degenerative. La sperimentazione dell'Università della California si inserisce in questa direttrice di marcia, riproducendo e studiando le fini alterazioni delle cellule contrattili del cuore in carenza di ossigeno. Una delle principali motivazioni è ridurre i costi etici ed economici della sperimentazione animale".

Anche in cardiologia, quindi esistono diversi modelli di "cuore in vetrino o heart on chip", che utilizzano anche cellule del paziente stesso, grazie alle tecniche di riprogrammazione staminale. Questi modelli sono utilizzati ormai nei migliori laboratori a livello internazionale, e permettono di studiare i meccanismi di diverse patologie ed anche di valutare l'effetto di farmaci o nuove molecole.

E l'Italia si muove in questo senso. "Presso i laboratori del Monzino, ad esempio, vengono utilizzati dispositivi con modelli pluricellulari, in cui si ricostruisce la complessità del tessuto cardiaco, ed anche veri e propri "minicuori" battenti, provvisti di forma e proprietà che simulano il funzionamento del cuore, e che potranno essere utilizzati per studiare come mai prima per esempio patologie cardiache di origine genetica - conclude l'esperto".