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Coronavirus, l’illusione della grande fuga da Milano. Ecco i veri numeri degli spostamenti verso sud

Coronavirus, l’illusione della grande fuga da Milano. Ecco i veri numeri degli spostamenti verso sud
Grazie ai dati della svizzera Teralytics, abbiamo analizzato i movimenti dalla Lombardia al Meridione in alcune giornate chiave. Il treno preso d’assaltato alla Stazione Centrale il 7 marzo è diventato un simbolo, ma quel giorno si mossero in 166. L’esodo in realtà era già avvenuto, soprattutto verso la Campania, che però è fra le meno colpite
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SEMBRAVA la grande fuga: immagini di persone che correvano verso l'ultimo treno in partenza la notte del 7 marzo prima della chiusura della Lombardia. Il simbolo della pandemia e non solo per le regioni del nord. In serata la notizia sulle intenzioni del governo aveva spinto a scappare d'improvviso prendendo d'assalto quel convoglio alla Stazione Centrale di Milano. Scopriamo oggi, grazie ai dati della svizzera Teralytics, che la percezione è piena di zone d'ombra. Durante quel sabato ad esempio si diressero al sud in 835 ma la maggior parte di loro usò aereo e macchina, con buona probabilità ben prima che trapelassero i dettagli sul decreto del Governo. Furono "solo" 166 quelli che salirono su un treno contro i 414 che scelsero di volare e i 257 che optarono per l'autostrada. La vera fuga in realtà era già avvenuta. Il 23 febbraio per l'esattezza.

La Teralytics analizza i dati, resi anonimi, di 30 milioni di clienti italiani di alcune aziende telefoniche. Successivamente vengono elaborati espandendoli a tutta la popolazione, usando varie tecniche di machine learning, arrivando ad un'accuratezza del 95 per cento. Un tassello importante per le strategie di aziende coinvolte nel settore dei trasporti fino a ieri, oggi per chi si occupa di studiare la pandemia. La compagnia di Zurigo aveva già misurato per Repubblica la decrescita degli spostamenti durante l'esplodere dell'emergenza sanitaria, ben prima che Google, Facebook e infine Apple offrissero i loro dati sullo stesso fenomeno. Stavolta siamo scesi più nel dettaglio analizzando i movimenti di sola andata dalla zona di Milano alle aree del sud in giornate specifiche.

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Torniamo al 23 febbraio, una domenica. Da Milano andarono via in 9149, quattromila in più rispetto alla media. Raggiusero Napoli soprattutto, poi Pescara, Chieti, Caserta, Bari, Salerno, Palermo e Cagliari. Si va dai quasi 550 che avevano come meta il capoluogo campano ai 151 che invece raggiunsero quello sardo. Era appena stato deciso lo stop delle attività scolastiche in Lombardia, Piemonte, Veneto e Friuli e fu quella con buona probabilità la vera molla dell'esodo. La Francia valutava di imporre controlli sanitari alle frontiere, l'Austria aveva prima annunciato poi ritirato il blocco dei treni dall'Italia. "E' emergenza nazionale", diceva Giuseppe Conte in televisione, mentre diventavamo il terzo Paese più colpito dopo Cina e Corea del Sud con con però "appena" 152 positivi e tre morti. Nulla rispetto a quel che avremmo visto poco dopo. Il 7 marzo, i casi erano saliti a 5883 e i decessi a 233.

Il 28 febbraio, alla vigilia dell'ultimo fine settimana prima della chiusura, si diressero verso il Meridione in 1640. Le notizie dal mondo cominciavano a farsi sempre più gravi con il crollo delle borse a causa della pandemia. In Italia i casi erano diventati 888 con 21 vittime. La partita Atalanta-Valencia si era già svolta, il 19 febbraio, con i 15293 tifosi (e non 40 o 50mila) che da Bergamo avevano raggiunto Milano. Sarebbero stati loro, stando alle stime, a diffondere il contagio.

Guardando ai dati della Teralytics e confrontandoli con le percentuali di casi positivi nelle varie regioni, con la Lombardia a fare da epicentro, verrebbe da pensare che a fine febbraio e inizio marzo il virus era ancora poco presente a Miliano al di là dei numeri ufficiali più bassi di quelli reali. Oppure la pandemia non ha seguito il flusso degli spostamenti in maniera didascalica non solo nelle due giornate chiave del 23 febbraio e il 7 marzo, ma anche durante tutto il periodo che va dal 20 febbraio al 10 Marzo.

La destinazione più popolare in quel lasso di tempo è Caserta con oltre cinquemila persone, seguita da Teramo, Palermo, Chieti e ancora Campobasso, Bari e Foggia. Regioni, nella maggior parte dei casi, colpite relativamente poco rispetto alla Lombardia. A rigor di logica, o stando alla apparenze, la zona di Napoli avrebbe dovuto trasformarsi in un lazzaretto. Fra i tanti conti della pandemia che nei prossimi tempi bisognerà far tornare c'è anche questo, altrimenti sarà difficile capire come è davvero andata.