La strada per diventare una nazione cashless, come da (discusso) piano governativo, è ancora lunga. I progressi però sono evidenti: nonostante i consumi nel 2020 siano calati di oltre il 13%, in Italia i pagamenti digitali – eseguiti con carta, smartphone o direttamente online – sono passati dal 29 al 33% sul totale delle transazioni, per un valore complessivo di 268 miliardi di euro. Uno studio dell’Osservatorio Innovative Payments del Politecnico di Milano mostra il grande balzo dei pagamenti contactless (+29% rispetto al 2019) e soprattutto di quelli eseguiti con smartphone e smartwatch (+80%).
L’Italia rimane comunque una delle nazioni europee più legate al contante, ma lo scenario è in rapida evoluzione: “Sicuramente la pandemia ha contribuito a modificare la situazione, anche nel nostro paese”, ha spiegato in occasione del Fintech Summit di Milano Rita Camporeale, responsabile dei sistemi di pagamento dell’ABI (associazione bancaria italiana). “Stiamo insomma gradualmente cambiando abitudini, abbandonando strumenti come l’assegno e rendendo sempre più normale l’uso delle carte”.
Il ruolo della pandemia è duplice: “Non si tratta solo dell’aumento dell’ecommerce (cresciuto nel 2020 del 26%, ndr) in seguito ai lockdown, ma anche del diffuso timore nei confronti dei pagamenti che richiedono scambi fisici, come nel caso del contante”, prosegue Camporeale. “L’aumento delle transazioni contactless, anche per i piccoli importi, sembra continuare anche adesso che la pandemia si è alleggerita. Sta avvenendo in tutta Europa ed è un’accelerazione confermata anche dai sondaggi, che segnalano come le persone siano intenzionate a usare sempre meno il contante”.
Il panorama europeo resta comunque molto variegato: alcune nazioni hanno ormai abbandonato monetine e banconote, come l’Islanda (8% di transazioni cash) o la Norvegia (11%), mentre altre rimangono saldamente legate al contante, come Grecia (75,2%) o Slovacchia (72,4%). L’Italia si trova nella parte bassa dell’Unione Europea, con una percentuale di pagamenti in contanti che si aggira – con qualche differenza a seconda degli studi – attorno al 60%, in compagnia di una nazione sotto questo aspetto (stranamente) tradizionalista come la Germania (62,8%) e invece molto lontana dalla Francia (solo 25% di pagamenti cash).
Il resto del mondo, intanto, guarda già avanti: “Non vedremo le istituzioni finanziarie fare investimenti per disseminare bancomat in Africa o in India”, ha spiegato sempre durante il Fintech Summit David Shin di Klaytn, società coreana del settore blockchain e criptovalute. “I paesi in via di sviluppo salteranno un passaggio e approderanno direttamente alle infrastrutture digitali per i pagamenti. Si passerà dal tenere i soldi sotto il materasso ad avere un portafoglio elettronico nello smartphone”.
Per capire che forma avrà questa nuova infrastruttura digitale non resta che osservare ciò che sta avvenendo in Cina, altra nazione che ha bruciato le tappe e dove già oggi, nelle grandi città, il 90% di transazioni è effettuato con smartphone: “Durante le prossime olimpiadi, la Cina dovrebbe ufficialmente annunciare la sua valuta digitale di stato, dando ulteriore spinta ad altre nazioni e istituzioni, che dovranno aggiornare la loro infrastruttura”, ha spiegato Shin, facendo riferimento allo yuan elettronico già in sperimentazione in città come Shenzhen, che dovrebbe impiegare una blockchain (ma non decentralizzata, a differenza di quella impiegata per i bitcoin) e che sarà emesso dalla banca centrale.
A sperimentare con le cosiddette CBDC (central bank digital currencies) non è solo la Cina, ma anche la Russia, l’Iran, il Giappone e moltissime altre nazioni. Mentre progetti più controversi riguardano il Venezuela, che ha varato tra le polemiche la moneta digitale Petro, e El Salvador, che ha deciso di adottare i bitcoin come valuta di stato.
E l’Europa? “Ci si sta lavorando e siamo sicuri che arriverà”, conferma Rita Camporeale, che ne ha spiegato anche i potenziali vantaggi: “Prendiamo il caso del bonus per la cultura destinato ai 18enni: usare un euro digitale permetterebbe ai negozianti di incassare immediatamente i soldi, evitando tutti i passaggi che deve fare oggi. Sarà più semplice anche accendere un mutuo e darebbe inoltre la possibilità a società diverse di offrire pacchetti acquistabili con una sola transazione – per esempio, affittare una stanza su Airbnb e comprare contemporaneamente dei prodotti tipici – dividendo immediatamente tra loro i guadagni”. Per il momento di concreto c’è poco: l’unica certezza è che la Banca Centrale Europea sta effettivamente progettando l’euro digitale con il coinvolgimento diretto di Christine Lagarde, ma siamo poco più in là delle buone intenzioni.