Il 18 novembre ci offre l'opportunità di ricordare la brillante e tragica vicenda di un grande scienziato: Vito Volterra. Quel giorno infatti, nel 1923, con un regio decreto viene istituito il Consiglio nazionale delle Ricerche.
La prima sede è presso l’Accademia dei Lincei, il primo presidente il fisico Vito Volterra. Per molto tempo la sua figura è stata messa da parte, dimenticata, a vantaggio di Guglielmo Marconi, che nel 1928 prenderà il suo posto. Questo si spiega con l’inizio del ventennio fascista, con le posizioni politiche che Volterra prese in difesa della libertà e non ultimo con il fatto che fosse ebreo. Recentemente è stato lo storico capo ufficio stampa del Cnr, Marco Ferrazzoli, in collaborazione con la comunità ebraica di Roma, a riportare alla luce la figura di Volterra e la persecuzione di cui fu vittima con un lavoro intitolato Il coraggio della scienza.
Vito Volterra era nato ad Ancona, il maggio 1860. Perde il padre giovanissimo, studia fra Torino e Firenze mostrando un talento per le materie scientifiche. Nonostante i problemi economici familiari riesce a iscriversi all’università di Pisa, dove si laurea e vince la cattedra di Meccanica razionale ad appena 23 anni. Poco dopo viene chiamato alla facoltà di Scienze di Roma (di cui sarà preside dal 1907), si sposa e si stabilisce ad Ariccia, alle porte di Roma.
A 35 anni è nominato senatore e si batte per la costituzione della Società italiana per il Progresso delle scienze. Diventa una figura di spicco a livello internazionale, viene invitato a fare parte di molte accademie straniere e invitato negli Stati Uniti. Quando scoppia la Prima Guerra Mondiale si arruola come volontario nel Genio Aeronautico. Si dedica in particolare a uno studio sui dirigibili e sulle rilevazioni fototelemetriche in zone di guerra che gli vale i gradi di capitano. Dopo la guerra, nei vari Paesi emerge l’esigenza di un maggiore coordinamento fra scienziati e per l’Italia la scelta della guida di questo processo finisce a Volterra, che guida l’ufficio Invenzioni e ricerche dell’Accademia dei Lincei. Ma ci vollero alcuni anni di trattative perché il governo si convincesse a istituire il Consiglio nazionale della Ricerche, di cui Volterra diviene presidente su designazione dei Lincei. Ma intanto il fascismo stava diventando regime e nel 1925 Volterra firma il Manifesto degli Intellettuali antifascisti redatto da Benedetto Croce. Iniziano le pressioni affinché Volterra si dimetta "attraverso vessazioni e restrizioni", fa notare Ferrazzoli.
Alla scadenza del mandato di Volterra, il Cnr viene riformato, portato sotto il controllo del governo e affidato a Marconi. Per Volterra i problemi sono solo all’inizio: per essersi rifiutato di giurare fedeltà al regime, perde lo status di professore e di membro dei Lincei (ma nel 1936 viene invitato a fare parte della Accademia Pontificia). Schedato come oppositore, vive il suo momento più difficile quando nel 1938 esce il Manifesto degli Scienziati italiani “che proclama la purezza razziale del popolo italiano e l’estraneità degli ebrei dalla comunità nazionale” dice Ferrazzoli.
Vito Volterra muore a 80 anni, l’11 ottobre 1940, e in Italia nessuno può commemorarlo (ma lo farà l’Accademia Pontificia). La sua eredità scientifica è considerata rilevantissima, ma accanto agli studi sull’analisi funzionale e sulla modellistica biologica, viene ricordato per essere stato uno scienziato visionario che immaginava una società in cui la scienza avesse un ruolo guida. Il lavoro di Ferrazzoli si chiude con una citazione: "Gli uomini hanno ogni dì innumerevoli richieste da rivolgere alla scienza, la quale è di continuo premuta da un’onda crescente di persone che sperano da lei la soluzione dei nuovi problemi che lor si affacciano incalzanti e complessi".