Togliere quattrini dalle tasche dei creator che su Youtube pubblicano video controversi, problematici o zeppi di sciocchezze e fake news funziona? In altre parole, quella demonetizzazione che le piattaforme social indicano spesso come importante metodo per penalizzare chi viola le loro condizioni d'uso, o si muove ai limiti, ha una qualche efficacia? Mica tanto.
È il risultato a cui è arrivato uno studio della Cornell Tech di New York insieme all'Istituto federale svizzero di tecnologia di Losanna dedicato proprio a indagare il modo in cui gli
youtuber fanno soldi. La demonetizzazione non raggiungerebbe sempre gli effetti sperati e la ragione è una: è semplice per i creator dirigere il proprio pubblico verso altre piattaforme o sistemi dove continuare a fare soldi con i propri contenuti, come Patreon o SubscribeStar.

che si muovono pienamente in linea con le condizioni d'uso, ai quali evidentemente basta il flusso di denaro raccolto tramite inserzioni pubblicitarie, gli abbonamenti ai canali e le monetizzazioni nel corso delle dirette dal vivo con Superchat e Supersticker.
Tuttavia non si tratta del risultato più interessante. Quello più significativo è infatti, dice lo studio, la tendenza di questi creator a produrre e caricare sempre più contenuti, e non di meno. Proprio perché vengono penalizzati dalla demonetizzazione. Anzi, essere "puniti" in quel modo li porta spesso a insistere su contenuti ancora più estremi e divisivi perché a quel punto a quel punto vanno alla ricerca di audience già orientate verso certi approcci, argomenti o visioni del mondo piuttosto che all'utente generico di YouTube che vuole solo divertirsi o informarsi.
"Da un lato, l'indebolimento del legame tra esposizione e guadagni può consentire la produzione di contenuti di qualità superiore" scrivono gli esperti nel documento. "Dall'altro, potrebbe anche incoraggiare i creatori ad abbracciare una retorica divisiva. Anche se i video vengono demonetizzati da YouTube per aver violato le loro norme, è possibile che, a causa di strategie di monetizzazione alternative, i creatori abbiano ancora incentivi finanziari sostanziali per creare contenuti che sposano falsi, narrazioni odiose e che dividono". Insomma, anche se Youtube non paga più o paga meno, rimane pur sempre una vetrina e un canale imprescindibile come primo passo, a seguito del quale condurre l'audience un po' dove si voglia: su altre piattaforme, all'acquisto di un libro, alle donazioni tramite altri canali e chissà cos'altro.

Il tema rimane piuttosto scottante per la piattaforma guidata da otto anni da Susan Wojcicki. Lo scorso mese il Chief product officer Neal Mahon aveva per esempio spiegato che il gruppo era combattuto sull'eventuale adozione di nuove misure, più aggressive, per bloccare la viralità di certi contenuti divisivi sui più diversi argomenti, per esempio sospendendo gli strumenti di condivisione collegati e impedendo così di rilanciarli all'esterno della piattaforma e dunque di portare loro nuovo pubblico.