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Un bug nell’algoritmo di Facebook ci ha fatto vedere più fake news

Un bug nell’algoritmo di Facebook ci ha fatto vedere più fake news
(reuters)
Un’indagine interna svela come un bug nel sistema di distribuzione dei contenuti abbia aumentato del 30% la visibilità di contenuti pericolosi, compresa la propaganda russa
2 minuti di lettura

Negli ultimi 6 mesi, gli utenti di Facebook hanno visto più fake news del previsto. La notizia, vera questa volta, è frutto di un’indagine interna di Meta riportata da The Verge, che rivela come un bug nell’algoritmo del social network di proprietà di Mark Zuckerberg abbia reso contenuti falsi o potenzialmente più pericolosi più visibili del solito.

In sostanza, lo scorso ottobre gli ingegneri di Facebook hanno notato un aumento inatteso della disinformazione sulla piattaforma. L’algoritmo che controlla il News Feed aveva iniziato a distribuire a un numero maggiore di utenti post che avrebbero dovuto essere penalizzati, in particolare quelli segnalati come falsi dai fact checker indipendenti che collaborano con la piattaforma. Questo errore avrebbe, sempre secondo Meta, aumentato le visualizzazioni di questi contenuti di circa il 30% a livello globale. Da ottobre, il bug si è ripetuto in maniera imprevista ancora per qualche mese, fino alla definitiva risoluzione del problema lo scorso 11 marzo.

A beneficiare del problema, non sono stati solo i produttori di fake news. L’indagine interna ha svelato come il sistema abbia amplificato contenuti contenenti immagini di nudo, violenza e, addirittura, post provenienti da quei media russi recentemente oggetto di una penalizzazione molto severa sulla piattaforma.

In una dichiarazione rilasciata a Protocol, Meta si è difesa così: "The Verge ha ampiamente sopravvalutato la portata di questo bug. Solo un numero molto ridotto di contenuti è stato coinvolto. Dopo aver rilevato il problema, abbiamo trovato la causa e lavorato per rimediare alla situazione".

 

L’algoritmo di Facebook: cosa viene penalizzato

Per provare a capire il senso di questa notizia, è utile fare un piccolo passo indietro. Quando navighiamo su Facebook, quello che vediamo nel nostro News Feed è frutto di un’elaborazione di un algoritmo. Questo sistema di intelligenza artificiale ci mostra i post che potrebbero piacerci di più, sulla base di una serie di criteri come le interazioni che ricevono e di ciò che facciamo sulla piattaforma.

L’algoritmo (non solo quello di Facebook) ha un problema quando agli utenti interessano argomenti che possono essere pericolosi, come contenuti violenti o falsi. Per questa ragione, dopo le polemiche degli ultimi anni, il social network ha deciso che alcuni dei post che vengono pubblicati sulla piattaforma non debbano essere sottoposti alle regole degli altri. Al contrario: per alcuni contenuti, scatta la penalizzazione. In altre parole, vengono mostrati a pochissime persone e non ricevono la spinta di distribuzione che viene generalmente garantita quando, ad esempio, un contenuto riceve molti commenti in poco tempo.

A settembre del 2021, Facebook ha pubblicato una nota sul proprio blog, aggiornata a marzo di quest’anno, che spiega che “alcuni tipi di contenuti ricevono una distribuzione ridotta”. Tra questi, ci sono i link di clickbait, che spingono in modo furbo gli utenti a cliccare, i post che contengono commenti che probabilmente verranno segnalati o nascosti o, ancora, le pagine che vengono ritenute spam o che pubblicano video non originali.

 

Funzionano le penalizzazioni?

Il punto è che questo approccio – sicuramente condivisibile – spesso non funziona, errori o meno nell’algoritmo. In questo senso, ha fatto molto discutere negli Stati Uniti la pubblicazione dell’ultimo Widely viewed content report. Si tratta di un’indagine che Facebook conduce dallo scorso agosto sui contenuti più visti sulla piattaforma negli Stati Uniti per trimestre, che rivela alcuni dei problemi che il social network affronta quando si tratta di gestire contenuti problematici.

In particolare, nell’ultimo report, pubblicato a marzo la pagina con più visualizzazioni dell’intero trimestre è stata una pagina (il cui nome non è stato rivelato da Facebook) rimossa per la violazione delle regole della piattaforma. Prima di essere bannata, tuttavia, aveva fatto in tempo a racimolare 121 milioni di visualizzazioni dei contenuti in soli tre mesi. Insomma, non era propriamente stata penalizzata.