"Il tempo è la cosa che più abbonda in Italia, visto lo spreco che se ne fa" scriveva, ironicamente, tanti anni fa Giuseppe Prezzolini. Uno dei difetti del Belpaese è l'immobilismo, la difficoltà di avviare i cambiamenti e le riforme di cui si parla per decenni ma che poi, in modo gattopardesco, non si fanno mai e, se pure si approvano, poi non si attuano. Non si contano le occasioni perse dall'Italia per lentezze, a volte inspiegabili, anche nel settore dell'innovazione dove la velocità è un fattore ancora più decisivo per il successo delle politiche pubbliche.
Basti pensare a quanto sta accadendo con le tecnologie emergenti, come intelligenza artificiale e blockchain. Si moltiplicano articoli, convegni e interventi istituzionali in cui questi temi sono descritti come centrali e prioritari per lo sviluppo e il futuro del nostro Paese. Eppure, i fatti dicono che l'Italia fa fatica ad avere un disegno strategico e a perseguirlo. Insomma, sappiamo su cosa dobbiamo lavorare, ma nel momento in cui dobbiamo tracciare un percorso o attuare le azioni previste, ci blocchiamo. Apparentemente inspiegabilmente.
È quanto accaduto con la strategia nazionale in materia di intelligenza artificiale. Nelle scorse settimane, la Commissione Europea e l'OECD hanno pubblicato un documento in cui descrivono le strategie dei diversi Paesi europei in materia di artificial intelligence, uno dei settori su cui fanno affidamento per costruire il futuro del Vecchio Continente. Ebbene, dei 28 Paesi analizzati nel report, alcuni hanno adottato documenti strategici già diversi anni fa (come la Finlandia nel 2017, la Germania e la Francia nel 2018), mentre solo sette Stati non hanno ancora adottato una propria strategia. Tra questi c'è proprio l'Italia, insieme a Romania, Grecia, Irlanda, Croazia, Belgio e Austria.
Eppure i lavori per la definizione di una strategia nazionale sono iniziati diversi anni fa. Nel 2018 il Ministero per lo Sviluppo Economico costituì a tal fine un gruppo di esperti (tutti con incarico a titolo gratuito, va sottolineato). Il gruppo di esperti ha elaborato proprie proposte sulla base delle quali è stato definito un documento strategico sottoposto a consultazione pubblica. La consultazione si è svolta - in tutta fretta e in piena estate - tra il 19 agosto e il 13 settembre 2019. Ma è passato un altro anno per avere un aggiornamento successivo. È il 2 luglio 2020 quando viene pubblicato il documento degli esperti che tiene conto delle osservazioni arrivate nel corso della consultazione. Processo chiuso? Non ancora, la strategia nazionale viene messa nuovamente in consultazione dal 1° al 31 ottobre 2020. Da quel momento se ne perdono le tracce. All'interno del report pubblicato dalla Commissione e da OECD è scritto che l'Italia avrebbe dovuto pubblicare la strategia entro giugno 2021, ma - al momento (5 luglio) - la strategia definitiva non risulta ancora pubblicata a distanza di tre anni dall'avvio dei lavori.
In questo stesso periodo, altri Paesi (come la Germania) hanno adottato e iniziato ad attuare la propria strategia, aggiornandola sulla base delle evoluzioni tecnologiche e del contesto.
Il ritardo italiano è sicuramente un problema le cui cause sono intuibili: a prescindere dai proclami, il tema è non stato fin qui realmente prioritario per i decisori. Delle due l'una: o non si è compresa l'urgenza del tema o - peggio - non si è attrezzati per governare questi fenomeni complessi e decisivi (nonostante le tante professionalità esistenti e i tanti esperti).
Tra l'altro, viene da chiedersi se - a questo punto - quel documento sia ancora utile e attuale. O, ancora prima di essere adottato, dovrà essere aggiornato in considerazione delle tante novità che sono intervenute nel frattempo (come la proposta di Regolamento UE sull'intelligenza artificiale pubblicata lo scorso 21 aprile)?
Quello della strategia nazionale non è un caso isolato ma, al contrario, è esemplare di quanto accade nel mondo dell'innovazione italiana. Sorte analoga è toccata, ad esempio, alla norma italiana sulla blockchain.
Sempre nel 2018, con una norma introdotta nel "decreto Semplificazioni 2019" (D.L n. 135/2018) l'Italia è stato uno dei primi Paesi a dotarsi di una disciplina delle tecnologie basate su registri distribuiti (blockchain appunto) e del correlato fenomeno degli smart contract. La norma definisce una regolamentazione degli effetti giuridici relativi all'utilizzo di questi innovativi strumenti in modo da incentivarne l'uso da parte di privati e pubbliche amministrazioni.
L'Agenzia per l'Italia digitale, entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione (e dunque entro il 14 maggio 2019), avrebbe dovuto adottare le linee guida che condizionano l'operatività delle innovative previsioni normative. Eppure, a distanza di oltre due anni da quella data, le regole non sono state ancora adottate e non si conoscono i motivi di questo ritardo. È stato troppo ottimista il legislatore a pensare che servissero solo 90 giorni per scriverle e pubblicarle? Probabile. Oppure ci si è resi conto che deve essere rivista la norma che le prevede? In due anni ci sarebbe comunque stata l'occasione di modificarla.
Sicuramente non abbiamo bisogno di "norme manifesto" che restano sulla carta e i cui provvedimenti attuativi restano nel cassetto, ritardando il difficile momento dell'attuazione (in cui, tra l'altro, non siamo tradizionalmente fortissimi).
Le tecnologie digitali sono una sfida che giuristi e legislatore devono raccogliere creando un sistema di regole tanto innovativo quanto il fenomeno che devono regolare. Non possiamo permetterci, quindi, di seguire riti e tempi che forse andavano bene in un mondo che non c'è più, ma che sono del tutto inadeguati al contesto in cui viviamo e lavoriamo.
Tra l'altro, questi ritardi che sono ancor più preoccupanti se si pensa agli impegni che attendono l'Italia, come quelli contenuti nel Recovery Plan. Il Presidente Draghi ha condivisibilmente ammonito tutti sul fatto che è l'attuazione la vera sfida del PNRR (il Piano nazionale di ripresa e resilienza). Una sfida assai difficile per un Paese, il nostro, che non riesce in tre anni ad adottare una strategia sull'intelligenza artificiale o in due anni le regole tecniche sulla blockchain.
Per attuare il PNRR bisogna sapere cosa fare e farlo velocemente, anche dal punto di vista normativo. Perché no, non abbiamo più tempo da sprecare.